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in un modo di consumo consapevole. Sfruttare in modo giusto i poteri della terra.
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infinità di materia, combinazioni e ricette... natura, purezza, originalità...
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Apis- Approfondimenti

- Nell’alveare - Riproduzione - Uova e larve
- Fecondazione - Allevamento - Sciamatura
- Identificazione - Dispersione antropocora

Nell’alveare 
La cella grande è la cella reale dov'è stata allevata la regina.
La regina, straordinariamente prolifica, ha il compito di deporre le uova e di assicurare la coesione della colonia. E’ più grande delle operaie e dei fuchi, è provvista di un pungiglione (aculeo) che usa quasi esclusivamente per uccidere le regine rivali (sue sorelle) pronte a sfarfallare.

La regina, a diffeenza delle operaie, è priva dell'apparato per la raccolta del polline, delle ghiandole faringee e delle ghiandole ceripare.
La regina può vivere anche 4 o 5 anni. Ha un metabolismo più elevato di quello delle operaie dovuto alla sua intensissima attività riproduttiva, ed ha i corpora cardiaca più sviluppati, mentre i corpora allata sono meno sviluppati che nelle operaie.
La regina è dotata di 150-180 ovarioli e di una spermateca; è quindi distinguibile, per l'addome più voluminoso.

I maschi sono più grandi delle operaie ma più piccoli della regina ed hanno soltanto il compito di fecondare le nuove regine. Hanno la ligula molto più corta di quella delle operaie e sono quindi incapaci di succhiare il nettare dai fiori, e sono privi dell'aculeo, dell'apparato di raccolta del polline, delle ghiandole faringee e delle ghiandole ceripare.

Le operaie costituiscono una casta monomorfa e monomegetica, che ripartisce le varie attività sociali secondo le classi di età che corrispondono ai cicli di sviluppo e di regressione di alcune ghiandole esocrine. Sono dotate di 2-12 ovarioli e di una spermateca rudimentale. Presentano caratteri morfo-fisiologici propri ed alcuni (come numero di ovarioli) sono indotti o mantenuti dalla regina stessa mediante l'azione di feromoni; altri invece sono indotti dal tipo di alimentazione ricevuta da larva (es: maggiore sviluppo dei denti dell'aculeo, maggiore lunghezza della ligula, presenza nelle zampe di strutture per la raccolta del polline, presenza delle ghiandole della cera, ...).
Per il maggiore sviluppo dei centri di coordinazione cerebrali (corpi peduncolati), le operaie si rivelano capaci di prestazioni straordinarie, come la possibilità di trasmettersi informazioni con una sorta di linguaggio simbolico.
Le operaie svolgono, inoltre, compiti diversi in ordinata successione dei ruoli a seconda dell'età.

Il primo compito della giovane operaia che sfarfalla dalla cella in cui si è sviluppata, è quello di ripulire e levigare le nuove celle o quelle che devono essere riutilizzate, nelle quali la regina, sebbene fecondata una sola volta nella vita, depone incessantemente le uova (da 100 fino a 3000 al giorno).
Dopo esser diventata capace di produrre la “pappa reale”, l'ape operaia passa ad alimentare le larve. Dopo due settimane, non producendo più alimento ma cera, passa a costruire favi.
Quindi passa all'esterno dell'alveare, prima per la difesa, poi per l'importante compito di bottinatrice, cioè raccoglitrice di nettare, polline, propoli ed acqua. Allora diventa in grado di trasmettere precise informazioni alle altre operaie sull'esatta ubicazione di una sorgente di cibo, anche distante di alcuni chilometri, comunicando dati sui rapporti di posizione tra campo fiorito, alveare e sole.
La sua abilità di percepire luce polarizzata le consente di individuare la posizione del sole, anche se questo è coperto da nubi, purché sia visibile un'area di cielo sereno. Alla fine di poco più di un mese riprende mansioni casalinghe (ventilazione e riscaldamento del nido, pulizia e difesa, ecc), fino a che, sentendo vicina la fine, si allontana dalla comunità e muore lontano per non contaminare l'alveare col suo cadavere.
La vita media di un'operaia è circa 30-45 giorni; è più lunga se l'ape è nata in autunno e perciò sverna.

Oltre al nettare e all'acqua un altro alimento indispensabile per i melliferi è il polline che fornisce loro sostanze azotate. Il polline viene raccolto ed immagazzinato principalmente dalle zampe. Il primo articolo del tarso, soprattutto nelle zampe posteriori è molto lungo e largo e possiede verso l'interno una spazzola di peli che serve all'insetto per raccogliere il polline sparso sul corpo. La tibia delle zampe posteriori ha una depressione longitudinale sulla faccia esterna che si chiama cestella; in questa viene ammassato il polline.
Le api vivono nell'alveare; la costruzione dei favi è affidata a giovani api (10-15 giorni di età). Queste vengono nutrite abbondantemente con miele e si attaccano alla volta dell'arnia, allacciandosi le une alle altre in modo da formare una catena; le secretrici di cera rimangono in questa posizione anche per 24 ore, dopo di che la cera comincia a comparire sotto forma di esili lamelle sull'addome. A questo punto un'ape si stacca dal festone e sale verso la volta dell'arnia, dove depone la cera staccata dall'addome e manipolata dalle mandibole e costruisce un primo piccolo blocco; questa operaia rientrerà nel gruppo per lasciare il posto ad un'altra. Le cellette di un alveare non hanno tutte lo stesso scopo: infatti alcune servono per l'allevamento ed altre come deposito degli approvvigionamenti, miele e polline. Le celle dove vengono deposte le uova sono chiuse da un opercolo di cera così come quelle che contengono miele, mentre le celle con il polline rimangono aperte. Un alveare può contenere da 30 a 100.000 operaie a seconda della grandezza dell'arnia; le api operaie hanno una vita non superiore alle 5-6 settimane nel periodo di grande lavoro, ma quelle nate in autunno riescono ad arrivare fino alla primavera.

Riproduzione
L'apparato riproduttore è vestigiale nelle operaie, ma altamente sviluppato nella regina.
Generalmente 6-12 giorni dopo lo sfarfallamento (non oltre 3-4 settimane), una giovane regina si accoppia con parecchi fuchi (mediamente 8) nel corso dei voli nuziali, in cui ciascun maschio, attratto ed eccitato dal movimento della femmina e dai feromoni sessuali che si diffondono dal suo corpo, immette i propri spermi nelle sue vie genitali. Gli organi copulatori del maschio vengono poi strappati per rimanere nella borsa copulatrice della femmina (costituendo il cosiddetto segno di fecondazione) finché le operaie non li estraggono dopo che essa è ritornata all'alveare. Gli spermi così ricevuti nella sua spermateca devono servire per tutte le uova fecondate che essa deporrà in seguito. I suoi ovarioli si ingrossano fino a riempire il lungo addome e dopo 1-2 giorni essa comincia a deporre le uova.

Uova e larve
La regina ha la facoltà di controllare il processo di fecondazione.
Le uova non fecondate producono fuchi, geneticamente aploidi, con 16 cromosomi, mentre le uova fecondate producono femmine diploidi, con 32 cromosomi.
Eventuali maschi diploidi, prodottisi per omozigosi, vengono riconosciuti nel primo stadio larvale dalle nutrici, che li eliminano.
Nel periodo in cui il raccolto di nettare è abbondante, una regina arriva a deporre fino a 2000-3000 uova al giorno, attaccando ciascun uovo sul fondo di una cella. L'uovo si schiude dopo circa 3 giorni dopo la deposizione e ne emerge una minuscola larva. Le larve dei maschi restano aploidi solo nel primo stadio; prima della muta la maggioranza delle cellule diviene diploide; aploidi restano solo, oltre alle cellule germinali, le cellule che daranno origine all'intestino, ai tubi malpighiani, ecc.
Fecondazione 
Appena sfarfalla, la nuova regina è presa da una frenesia ed emette un singolare ronzio (un ”trillo territoriale” di 1,5 – 2 kHz, registrabile anche fuori dell'arnia) ottenuto sia per vibrazione alare e/o toracica, sia per emissione di aria dagli stigmi; dopodiché si avvicina alle celle delle altre ‘principesse' sue sorelle e, una dopo l'altra, le uccide tutte. Allora cessa il ronzio, si porta all'ingresso dell'alveare ed inizia il volo nuziale.
Essa si innalza a grandi altezze, seguita dalla folla dei fuchi, il più possente dei quali la raggiunge ed ha luogo, in volo, il primo accoppiamento. La copula comporta l'inevitabile morte del maschio, poiché i suoi organi genitali restano infissi nel corpo della femmina ed esso deve strapparli per allontanarsi.
Mentre il maschio precipita morto verso il suolo, la regina plana sull'alveare, dando alle operaie, in tal modo, un segnale in seguito al quale esse assalgono ed uccidono con il loro pungiglione gli altri fuchi; nessuno di essi si salva perché i pochi superstiti non sanno nutrirsi da sé, essendo stati nutriti sempre dalle operaie per trofallassi oro-orale, e perché il loro apparato boccale di suzione è più corto di quello delle operaie e non potrebbero succhiare il nettare. Questa lotta non costa alcuna vittima alle operaie, sia perché i fuchi non hanno alcun mezzo di difesa (sono maschi, quindi privi di ovopositore, cioè di pungiglione), sia perché possono agevolmente ritirare il loro pungiglione (diversamente da quanto avviene se l'ape punge un vertebrato). Talvolta, però, in caso di sovraffollamento della colonia, le operaie impediscono alla nuova regina di uccidere le sorelle, ed allora anche una ulteriore nuova regina sciama (risciami). 

Allevamento
Per due giorni tutte le larve vengono alimentate con la pappa reale, dopodiché le larve dei fuchi e delle operaie ricevono principalmente miele e polline, mentre le larve delle regine continuano ad essere nutrite con gelatina reale.
Ciascuna larva, crescendo, subisce 5 mute. La sua cella viene chiusa con un opercolo di cera e la larva racchiusa all'interno si tesse un sottile bozzolo nel quale si impupa. La pupa subisce una metamorfosi completa, ed infine taglia l'opercolo della cella con le proprie mandibole per sfarfallare come giovane ape.
Il tempo di sviluppo per ciascuna casta è standardizzato grazie alla termoregolazione nell'alveare.
Le larve destinate a formare le future regine si impupano dopo 15-16 giorni di vita;
quelle che sono destinate e diventare operaie subiscono la prima metamorfosi a circa 21 giorni; 
i maschi verso i 24 giorni di vita.
Dalla larva eucefala (con capo evidente) ed apoda (priva di zampe), si produce una pupa adectica (cioè quasi del tutto immobile), exarata (munita di appendici libere e distaccabili) ed evoica (chiusa in bozzolo).
Tutti vivono allo stadio di pupa per un periodo che è diverso per ciascuna casta, quindi si trasformano ed escono dalla loro cella.
La regina compie il volo nuziale a 5-6 giorni dallo sfarfallamento e comincia a deporre le uova dopo pochi giorni, maggiormente nelle giornate più calde. Sospende la deposizione durante l'inverno, tranne dove il clima è particolarmente temperato.
Abitualmente la regina feconda tutte le uova, in modo che nascano solo operaie.
Solo in primavera non ne feconda un certo numero, in modo che nascano i maschi che sono destinati a vivere solo fino al giorno dell'accoppiamento.
Nello stesso periodo la regina depone le uova destinate a formare altre regine nelle celle reali (più grandi).

Sciamatura
Ovvero la fondazione di una nuova colonia. La regina indica alle operaie che si avvicina il momento in cui una parte della popolazione dell'alveare deve essere pronta alla sciamatura con la deposizione delle uova aploidi e di quelle diploidi nelle celle reali ed indica alle operaie che restano che ci saranno presto larve da nutrire.
La vecchia regina cessa di produrre uova e, quando stanno per schiudersi le celle reali, cominciano anche i preparativi per la sciamatura.
Le api che sciameranno si caricano di miele e propoli (per almeno 5 o 6 giorni) scorta indispensabile per sostenere l' iperalimentazione per la prima produzione di cera in quanto le ghiandole ceripare si riattivano al fine di consentire l'inizio della costruzione dei nuovi favi.
Infine la vecchia regina raduna una parte del suo popolo e va a fondare un altro alveare.
Poco prima che la vecchia regina, seguita da uno sciame di parecchie migliaia di api operaie, lasci l'alveare, le bottinatrici diventano pigre e cessano di portare il nettare. Alcune di esse passano il tempo esplorando i dintorni in cerca di possibili luoghi per un nuovo nido.
Qualche giorno dopo la regina conduce fuori lo sciame e questo si sistema in un bivacco temporaneo, dove forma il caratteristico grappolo (o glomere) sul ramo di un albero, su una sporgenza di una roccia, ecc.

Gli sciami delle api fissati a grappolo ad un supporto, nel loro interno sono radi e occupati da catene ramificate di api che vengono reciprocamente a contatto in diversi punti, e sulle quali le altre api corrono in tutte le direzioni. Esternamente le api formano con i loro corpi come un rivestimento denso ed elastico a cui si attaccano, internamente, le catene, e che presenta una sola interruzione, “l'apertura di volo”, che è la via per la quale le operaie escono ed entrano nel grappolo.
La distribuzione delle api nel grappolo avviene secondo l'età.
Dai grappoli partono le esploratrici in cerca di un ricovero dove costruire il nuovo alveare.
Le api esploratrici costituiscono una sorta di “comitato” per consigliare le emigranti sui possibili nuovi luoghi per abitare.
Le esploratrici cominciano a danzare al di sopra dello sciame, ciascuna indicando la direzione e la distanza del suo sito preferito e la sua valutazione della qualità del luogo con l'enfasi che mette nella danza. Altre api sono reclutate e visitano il luogo; poi trasmettono il proprio giudizio, al ritorno, agli altri membri dello sciame.
Le informazioni sono così precise che Lindauer fu in grado di interpretare il significato delle danze e di precederle nel luogo prescelto.

Identificazione
Le api imparano a distinguere i segnali identificativi dei loro simili, effettuando una autoispezione atta a riconoscere il proprio odore e associarlo a quello delle loro sorelle. In alcuni casi, all'ingresso di ogni colonia è presente un'ape operaia vigilante che indaga tramite l'olfatto per concedere o meno l'accesso alla visitatrice.

Dispersione antropocora (dovuta all'uomo)
Apis mellifera è originaria dell'Egitto e delle regioni situate poco più ad est.
Nel Pleistocene (circa 2 milioni di anni fa) si è suddivisa in 24 sottospecie che oggi formano tre gruppi ben riconoscibili:
  • uno del Mediterraneo occidentale (Italia compresa) 
  • uno del Mediterraneo orientale 
  • uno dell'Africa tropicale. 
Dal 1600 al 1900 vari ceppi di api mediterranee sono stati introdotti sia in Nord-America, con successo, sia in Sud-America, ma con scarso successo.
Nel 1956 furono portate in Brasile 47 regine della sottospecie africana Apis mellifera scutellata, allo scopo di creare ibridi locali dotati di caratteristiche migliori. Ma gli ibridi ottenuti si dimostrarono piuttosto aggressivi e troppo inclini ad abbandonare il nido in seguito al disturbo arrecato dalle normali operazioni di apicoltura. Casualmente sfuggito in natura il nuovo ceppo invase gran parte del Sud-America, poi il Centro-America fino a giungere negli Stati Uniti, entrando rovinosamente in contatto con i ceppi mediterranei.
Oggi i biologi che lottano contro questa ed altre forme indesiderate, procedono al riconoscimento delle diverse sottospecie facendo uso della RFLP (Restriction Fragment Length Polymorphism), tecnica che mette in evidenza i polimorfismi a livello di DNA mediante taglio con enzimi di restrizione.

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